**Lo stesso articolo è presente nel numero di ottobre de "IlQuindicinale"
Infondo crediamo che firmare un documento unitario, per fotografare la situazione della disoccupazione a San Giovanni in Fiore, da far arrivare poi al presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto, non sarebbe stata affatto una cattiva idea; tutti gli attori politici avrebbero messo nero su bianco il disagio che vivono centinaia di famiglia e che di qui a poco, questo disagio, si trasformerà in una bomba sociale, di cui nessuno può definirne o conoscerne le conseguenze. La proposta era stata fatta nell’ultimo consiglio comunale dal consigliere di opposizione Barile, che dalla propria esperienza, le cosiddette (giubbe rosse) di fatto ha molto contribuito a crearle lui, ne conosce assai bene le dinamiche e le possibili soluzioni. Il documento, avrebbe avuto un doppio effetto: da una parte, per la prima volta opposizione, maggioranza e parti sociali sarebbero stati uniti su un solo fronte e dall’altra questa unione di intenti avrebbe dato più valore, più peso, agli occhi del governo regionale, su una questione dirimente, per il futuro stesso di questo paese. Si è persa un’occasione di unità.
Per quanto concerne la decisione di celebrare l’ultima seduta del consiglio comunale a porte chiuse e senza pubblico, la dice lunga su come non ci siano soluzioni o proposte sulla questione lavoro, oltre a palesare l’impotenza di chi oggi detiene le redini amministrative di questo paese, per una semplice ragione: la paura del confronto, che di fatto, a mio giudizio, sancisce una sconfitta.
La cancellazione o ridimensionamento del reddito di cittadinanza voluto dal governo Meloni, ha accentuato ancor di più il dramma della disoccupazione, specie nelle aree interne come la nostra, lasciando senza nessun sostentamento centinaia di persone, dalla sera alla mattina cadute nella condizione di povertà, che solo a scriverlo, mi vengono i brividi.
Alla fine dell’anno in corso, anche i cosiddetti invisibili, vedranno concluso il loro percorso assai accidentato verso un futuro che si allontana. E poi? Che si fa? Quali sono le prospettive? Dalle nostre parti il settore delle imprese non ha i mezzi sufficienti per assorbire forza lavoro, semplicemente perché da noi, tranne che per pochissime eccezioni, storicamente non abbiamo mai avuto l’aiuto che in altri luoghi dà l’industria; solo piccole e pochissime medie imprese che sono gestibili con limitata manodopera; ecco perché nelle zone interne delle regioni italiane il RDC aveva quanto mento aiutato le persone ad avere di che vivere.
Sappiamo anche che i bilanci delle regioni non sono floridi, come pure quelli dei comuni, sui quali per effetto della rimodulazione del RDC è caduto il peso dei non più percettori di reddito. Ma la politica una soluzione la deve pur trovare, non si può, come si è sempre fatto campare sulla pelle dei bisognosi, non si può continuare a chiedere il consenso, per poi lasciare uomini e donne alla mercé di chi sfrutta i lavoratori, col lavoro a nero. Siete stati votati, siete stati eletti, vi inorgoglite quando ci sono gli applausi, abbiate però la consapevolezza, di quel primo articolo che apre la Costituzione: “L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.
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